Effettuare investimenti finanziari con l’unico intento di generare reddito, cioè cedole e dividendi, è una strategia completamente sbagliata. Il reddito generato dagli investimenti finanziari (e non finanziari), ad esempio la cedola o il dividendo oppure la rendita di un immobile, è solo una componente del rendimento totale che un investimento produce.

Un approccio d’investimento, che si focalizza sul rendimento totale è un approccio più completo ed affidabile.

Esempio: La rendita immobiliare

Pensa ad un immobile residenziale. Questo non è un investimento finanziario che produce cedole o dividendi, ma produce un reddito (il canone di locazione).

Il canone che ti viene pagato è una forma di reddito, l’inquilino dovrà pagartelo alle scadenze prestabilita, indipendentemente da tutto ciò che accade nel mondo.

Questo da una certa tranquillità: l’immobile lo vedo, lo tocco, e l’inquilino mi pagherà. Ma è una tranquillità fittizia.

Il rendimento totale invece è ciò che ti rimane realmente dopo un certo tempo, per esempio dopo 10 anni.

Ex. hai acquistato un immobile per 1 milione di euro, lo hai concesso in locazione a 30’000 euro all’anno.

I 30’000 euro all’anno, ovvero il canone di locazione, sono il REDDITO che l’immobile ti ha generato.

Nel frattempo però hai speso, 100’000 euro in ristrutturazione. Inoltre l’immobile, dopo 10 anni dall’acquisto, ha subito un deprezzamento del 30% (per fattori demografici sociali ed economici di quella zona).

A quanto ammonta Il rendimento totale finale?

Costo immobile: 1 milione di euro

Valore immobile dopo 10 anni: 700’000 euro (- 300’000 euro).

Spese per ristrutturazione: – 100’000 euro.

Ricavi da canone di locazione: + 300’000 euro.

Valore totale finale immobile + reddito ricevuto: 900’000 euro.

Il rendimento totale finale è NEGATIVO!

Nonostante tu abbia avuto l’immobile sempre occupato e questo ti abbia generato reddito, hai comunque perso il 10% rispetto all’importo investito inizialmente.

Se tu fossi focalizzato solo sul reddito dell’immobile, quindi sul canone di locazione, trascureresti alcune componenti molto rilevanti.

Per questo basare i propri investimenti solo sul reddito generato è deviante, quello che conta è capire il rendimento totale finale.

Ci sono centinaia di libri, articoli, blog che indicano strategie d’investimento basate sul generare reddito dagli investimenti finanziari.

Investire per il reddito significa costruire un portafoglio di strumenti finanziari, come azioni ordinarie che pagano dividendi, obbligazioni che pagano cedole o altri strumenti finanziari, nel tentativo di generare un reddito mensile/annuale sufficiente per mantenere un certo stile di vita.

Perché gli investitori cercano il reddito dal proprio portafoglio, ovvero cedole e dividendi?

Una delle cause principali è l’avversione alle perdite: l’idea è che se hai un portafoglio che paga costantemente cedole o dividendi, non hai bisogno di “toccare” il capitale investito per far fronte alle spese. Puoi spendere i dividendi o le cedole, indipendentemente dalle turbolenze del mercato.

Se il mercato crolla, per ricavare una somma da spendere, non hai bisogno di vendere titoli in perdita. Basterà aspettare il dividendo o la cedola. In realtà è sbagliato.

Mi chiamo Emiliano Cangu e sono un consulente finanziario indipendente iscritto all’albo. In questo articolo ti spiegherò perché, investire in strumenti finanziari per generare un reddito non è una buona strategia d’investimento e perché la strategia che si focalizza sul rendimento totale è migliore.

I dividendi

Molti cercano le azioni che pagano dividendi più alti, ma non c’è alcuna prova scientifica che le azioni che pagano dividendi, siano investimenti migliori o che offrano rendimenti superiori rispetto alle azioni che non pagano dividendi.

I fattori che determinano la maggior parte dei rendimenti azionari sono 6: rischio di mercato, dimensione, valore, redditività, investimenti e momentum. I dividendi non sono uno di questi fattori. Ad esempio, le azioni a bassa capitalizzazione sul mercato, hanno ottenuto rendimenti a lungo termine più elevati rispetto ai titoli ad alta capitalizzazione.

Ma non è altrettanto vero che le azioni che hanno pagato dividendi più alti hanno avuto rendimenti superiori rispetto alle azioni che non hanno pagato dividendi.

Un dividendo sembra denaro gratuito. In realtà questo diminuisce il valore dell’azienda stessa. Se l’azienda paga 1 miliardo di dollari in dividendi, il valore della società diminuisce di 1 miliardo di dollari.

Il problema fiscale dei dividendi

L’investitore che riceve cedole e dividendi è in una posizione fiscale di svantaggio rispetto all’investitore che non le riceve.

Focalizziamoci qui sui dividendi. Abbiamo detto che una azienda che distribuisce dividendi non offre risultati migliori nel lungo termine rispetto a quella che non li distribuisce.

L’unica differenza è che l’investitore che riceve i dividendi dovrà di volta in volta pagare l’imposta sostitutiva (in Italia ammonta al 26%) sul dividendo stesso. Indipendentemente dal fatto che voglia utilizzare o meno quella somma di denaro.

Quindi una azienda distribuisce 1 miliardo di euro di utile in dividendo. Si indebolisce di 1 miliardo di euro. Su quel miliardo distribuito gli investitori dovranno pagare il 26%. Quindi 260 milioni di euro andranno “persi” in tasse.

Mentre l’investitore che non riceve dividendi (perché l’azienda non distribuisce un utile) potrà posticipare nel tempo il pagamento dell’imposta sostitutiva del 26% sul capital gain (per persone fisiche non in regime d’impresa). Se l’azienda non distribuisse l’utile, questi 260 milioni, potrebbero essere reinvestiti all’interno dell’azienda stessa. Questo consentirebbe di sfruttare la forza dell’interesse composto.

Il problema della eccessiva riduzione dell’universo investibile.

Esistono obbligazioni che non pagano cedole (zero coupon) e molti dei titoli azionari globali non pagano dividendi. Vi sono molti settori di mercato, di aziende che non pagano dividendi ad esempio i titoli azionari di aziende a bassa capitalizzazione. Queste aziende hanno bisogno di reinvestire il tutto all’interno dell’azienda stessa per crescere, quindi difficilmente distribuiscono l’utile ai soci.

Se la strategia d’investimento fosse quella di generare reddito e acquistare solo le aziende che pagano un dividendo, questo si tradurrebbe automaticamente in una riduzione significativa della diversificazione.

“Tra le società dell’indice a media capitalizzazione Standard & Poor’s (aziende con una capitalizzazione di mercato di almeno 1,4 miliardi di dollari) e dell’indice a bassa capitalizzazione (una capitalizzazione di mercato di almeno 400 milioni di dollari), la percentuale che paga i dividendi è rispettivamente del 70,5% e del 54% circa”. (Fonte Finra)

Il 30% delle società a media capitalizzazione verrebbe completamente scartato. Mentre tra le società a bassa capitalizzazione verrebbe scartato addirittura il 50% di esse.

Anche le più importanti e “palesi” opportunità verrebbero scartate e ignorate perché non pagano un dividendo. Non è una strategia logica.

La cedola

Le cedole (a differenza dei dividendi) sono gli interessi che ci vengono pagati per aver prestato il denaro ad una certa entità (società, stato, enti). Anche in questo caso, il fatto che la cedola sia elevata, non significa che questo sia un buon investimento. Tralasciando il caso di default (cioè quando l’emittente fallisce), se non tieni il titolo obbligazionario fino alla scadenza, questo potrebbe pagarti un 5% di cedola, ma poi perdere il 5% di valore di mercato.

Ex. Acquisti una obbligazione a 1000 e ti paga il 2,5% di dividendo semestrale. Dopo il primo anno hai ottenuto il 5% di rendimento lordo (dalla cedola). Il titolo però, dopo un anno, potrebbe quotare 950. Quindi +5% di cedola -5% di capitale, tecnicamente avresti fatto pari!

Quale strategia scegliere?

Questo non significa che bisogna evitare completamente gli investimenti finanziari che pagano cedole o dividendi. Oppure scegliere solamente le aziende che non pagano dividendi. Perché il problema sarebbe l’opposto: verrebbero scartate il 70% delle società a media capitalizzazione e il 50% di quelle a bassa capitalizzazione.

Il concetto è che non bisogna utilizzare una strategia che sia focalizzata solo ed esclusivamente sui dividendi (a causa di inefficienza fiscale, scarsa diversificazione e mancate opportunità) ma una strategia che abbia come obbiettivo l’incremento del rendimento totale finale, che dipende da molteplici fattori e poco dal dividendo.

Tu che ne pensi?

Hai effettuato un calcolo sul rendimento totale atteso o solo sulla rendita del tuo portafoglio?

Possiedi titoli che pagano un dividendo?

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